Un’ottima decisione con qualche errore da matita blu

La sentenza depositata giovedì scorso dalla Prima Sezione Penale va salutata con particolare favore nel merito della decisione che conferma quella del Tribunale del riesame di Bologna di annullamento dell’ordinanza del GIP quanto alla sussistenza della gravità indiziaria nonché della sussistenza delle stesse ipotesi di reato di terrorismo addebitate dalla Procura Distrettuale di Bologna ad un gruppuscolo di giovani anarchici (lo stesso PG della Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso del PM a quo).

Nel caso di specie il PM di Bologna aveva impugnato la decisione del Tribunale del Riesame che doveva quindi essere trattata con camera di consiglio partecipata (artt. 311 e 611 c.p.p.) e con la possibilità di presentare motivi nuovi fino all’inizio della discussione.

Nel caso di specie la Procura Felsinea trasmetteva alla Corte di Cassazione in data 2/11/2020 motivi nuovi di cassazione a mezzo PEC alla cancelleria della Corte, ossia il giorno prima dell’udienza.

La Corte Suprema ha dichiarato non ammissibili i motivi nuovi depositati a mezzo PEC dichiarando che li avrebbe valutati come memoria di parte ex art. 121 c.p.p. atto sul quale da tempo la giurisprudenza ammette il deposito a mezzo PEC o tramite raccomandata A/R.

La questione della ammissibilità via PEC di atti di impugnazione è molto discussa e anche UCPI ha chiesto che nel corso della conversione del DL la questione venga specificata per il periodo emergenziale (da notizie di stampa il Tribunale del Riesame di Milano considererebbe inammissibili riesami e appelli proposti a mezzo PEC).

Non suscita quindi grande sconcerto che siano stati dichiarati inammissibili i motivi aggiunti, quello che invece sembra un grave errore di diritto sono le motivazioni che sono poste a fondamento della decisione.

Innanzitutto a pag. 14 della motivazione sembra di capire che l’art. 24 del DL N. 137/2020 consentirebbe il deposito sul portale (comma 1) e via PEC (comma 4) solo agli uffici di Procura.

Tale interpretazione alquanto stravagante, è contraddetta intanto dal chiaro disposto della norma (speciale ed eccezionale ai sensi dell’art. 14 delle Preleggi) che non prevede assolutamente nessuna esclusione per gli uffici giudicanti, anzi nella norma prima si fa espresso riferimento a “segreterie e cancellerie” (che provvedono a stampare gli atti e inserirli nel fascicolo cartaceo) il che elimina ogni possibile residuo dubbio circa la possibilità di inviare anche al giudice atti a mezzo PEC.

E’ vero che alla data del 3/11/2020 non erano ancora stati emanati (con colpevole ritardo) dal DGSIA gli indirizzi PEC degli Uffici Giudiziari e le modalità tecniche di invio, tuttavia medio tempore non poteva, almeno a mio giudizio, essere considerata non operante una norma perché mancava un provvedimento amministrativo di un Direttore Generale del Ministero della Giustizia (atto emanato poi il 9/11/2020 anche se la caselle di posta elettronica ivi indicate hanno continuato e non essere operative per alcuni giorni).

Risolutiva dovrebbe essere poi la norma di cui al comma 6 che sanziona con la “non produzione di alcun effetto di legge” gli invii a mezzo PEC dei soli atti indicati dal comma 1 ovvero quello seguenti all’emissione da parte del PM dell’avviso ex art. 415-bis c.p.p. di talché la Cassazione non sembra avere fatto buon governo della norma che non consentiva la dichiarazione di inammissibilità dei motivi aggiunti a mezzo PEC.

Tra l’altro erano invece immediatamente operative anche le norme che consentivano alle parti di inviare alla Cassazione la richiesta di trattazione orale dei processi (art. 23), indirizzandole agli indirizzi PEC comunicati dalla Cassazione in questi mesi ed indicate anche in un Protocollo condiviso con la Procura Generale ed il CNF.

Mi pare quindi che i motivi della Procura potevano forse essere dichiarati inammissibili in quanto gli atti di impugnazione sono soggetti a forme particolari di deposito ed invio, non a norma del DL 137/2020.

Tra l’altro non ho mai capito (sarà certamente una mia manchevolezza) perché la paternità dell’atto dovrebbe essere accertata nel caso di invio a mezzo raccomandata A/R e non in caso di invio con la PEC personale del difensore.

Tra l’altro le interpretazioni contenute in motivazione potrebbero essere considerate semplici obiter dicta visto che la Suprema Corte ha ammesso l’atto sia pure considerandolo una memoria di parte.

In conclusione una ottima decisione con qualche punto oscuro che appare facilmente superabile con una operazione esegetica di semplice buon senso (che non sempre, come sosteneva il Prof. Galgano, è il contrario del diritto) ma che è bene venga precisata per la totale sicurezza di magistrati ed avvocati nonché cancellieri in sede di conversione del DL N. 137/2020 (nonché DL N. 149/2020).

Buon fine settimana a Tutti.

Filippo Poggi