Specificità dei motivi di appello – Cass. sez. un. 8825/2017

Una sentenza di grandissimo interesse sul grado di specificità dei motivi di appello al fine di superare il vaglio di ammissibilità ex art. 581 c.p.p.

Va detto che la questione sta da sempre particolarmente a cuore al Primo Presidente Canzio che ne ha parlato in molti convegni e che della inammissibilità dell’appello ha saputo fare uso come Presidente di Corte prima a L’Aquila poi a Milano.

Va anche aggiunto che la questione potrebbe essere a brevissimo rimessa in gioco se approvato in Senato con voto di fiducia il DDL 2067 già approvato alla Camera il 23.09.2015 e sul quale l’UCPI ha proclamato una giustissima astensione dalla udienza, proprio sull’apposizione del voto di fiducia in un DDL che contiene molte norme condivisibili ed anche eccellenti ma altre che, almeno a mio giudizio, non dovrebbero mai trovare ingresso nel nostro rito processuale penale (penso alla enorme dilatazione della possibilità di procedere con l’imputato collegato in video conferenza con la modifica dell’art. 146-bis disp. att. c.p.p.).

Tornando alla questione dell’appello nel DDL vi è una norma che non può che suscitare molte perplessità ovvero l’introduzione all”art. 591 c.p.p. di un ulteriore comma 1-bis che attribuisce al giudice a quo (quello che ha emesso la sentenza impugnata) di dichiarare l’inammissibilità “anche di ufficio e senza formalità” dell’appello (norma che potrebbe valere anche per l’appello cautelare ex art. 310 c.p.p.). Anche se va detto tale inammissibilità può essere dichiarata solo per motivi formali, almeno stando al testo attuale del DDL, che esclude per il giudice a quo l’applicazione dell’art. 581 e quindi di sindacare egli stesso la specificità dei motivi proposti avverso la “propria” sentenza.

Tra l’altro il DDL prevede la modifica tanto dell’art. 546 c.p.p. imponendo al giudice un obbligo di motivazione molto più stringente e di converso alla sostituzione della formulazione dell’art. 581 c.p.p. che disciplina la forma dell’impugnazione, prevedendo la sanzione dell’inammissibilità dell’impugnazione che non soddisfi i requisiti indicati nelle nuove lett.a) – b) – c) – d).

In buon sostanza, in linea con gli orientamenti da anni portati avanti dal Presidente Canzio, si deve instaurare un complesso regime dialettico tra il giudice e l’appellante (o il ricorrente) che impegna tanto il giudice quanto il difensore cui è richiesta una professionalità ed una capacità tecnica sempre più elevata; questa è sicuramente l’impostazione del Primo Presidente, vi è da sperare che non si prenda la palla al balzo, snaturando le affermazioni della pronuncia, per fare diventare l’appello una gara a ostacoli in cui l’inammissibilità sia sempre dietro l’angolo.

La complessità della sentenza delle sezioni unite è tale che un esame di tutte le sue implicazioni richiede capacità cui ci sentiamo francamente impari.

Si può dire però che le Sezioni Unite hanno accolto la tesi più restrittiva tra le due che si contendevamo il campo nella giurisprudenza della Cassazione, con la conclusione che la specificità dei motivi di appello, ferma restando la  grande differenza che esiste tra i due giudizi, non differisce in alcun modo da quella prevista dai motivi di ricorso per cassazione.

Non bisogno però dimenticare che oltre la strutturale differenza tra il giudizio di appello e quello di cassazione, il giudice di appello ha dei poteri di ufficio non certo trascurabili e previsti dall’art. 597, comma 5 c.p.p. tra cui concedere di ufficio la sospensione, condizionale, la non menzione, attenuanti generiche e formulare diversamente il giudizio di valenza delle circostanze attenuanti e aggravanti (si discute se abbia il potere di concedere ex officio anche le sanzioni sostitutive previste dall’art. 53 della Legge n. 689/1981).

Ebbene nella sentenza impugnata con cui è stata confermata l’ordinanza di inammissibilità resa dalla Corte di Appello di Bologna, il difensore avere richiesto genericamente una riduzione della pena inflitta (impugnazione aspecifica che sicuramente deve superare il vaglio di ammissibilità), tuttavia avendo richiesto anche l’applicazione di un diverso giudizio di valenza e l’applicazione della diminuzione per le generiche nella misura massima di 1/3 (cfr. par. 10.1 e 10.2 della motivazione).

Viene da chiedersi se trattandosi di sollecitazioni di poteri officiosi del giudice di appello, necessitassero di una motivazione specifica o addirittura fosse sufficiente la loro mera enunciazione, visto che vi è pacifica giurisprudenza per cui l’appellante non può dolersi della mancata attivazione del giudice con i suoi poteri officiosi, ma in caso di richiesta il giudice di appello ha l’obbligo di motivare in caso di diniego, trattandosi quindi di una censura certamente ammissibili (si pensi ad una richiesta svolta durante la celebrazione dell’appello e messa a verbale).

Insomma si tratta di materia complessa, di importanza strategica per le future dinamiche del processo penale in fase di impugnazione, la cui esegesi richiede davvero il contributo di tutti.

Filippo Poggi

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