Rinnovazione istruttoria in appello e obbligo di ri-sentire consulenti tecnici e periti

In allegato alla presente, invio l’ordinanza della Seconda Sezione Penale 26.09.2018 che ha trasmesso alle Sezione Unite il processo per dirimere la controversia se la prova offerta da periti e consulenti tecnici in caso di assoluzione in primo grado debba essere rinnovata in appello ai fini di una eventuale condanna (la questione prende le mosse da una sentenza della Corte di Appello di Bologna che aveva condannato l’imputato assolto in primo grado senza rinnovare l’istruttoria per sentire i consulenti tecnici del PM).

L’ordinanza fa particolare riferimento al fatto che l’attività degli esperti non solo quella di offrire una valutazione tecnica o scientifica, ma al fatto che spesso l’esperto è chiamato ad individuare dati fattuali che possono essere reperiti solo tramite se le sue competenze e rispetto a tali dati la sua posizione non è difforme a quella di altri dichiaranti, testimoni o meno (v. pagg. 8 – 9 ordinanza).

Fino a ieri ho avuto l’opportunità di partecipare ad un corso di aggiornamento della SSM sulle novità del giudizio di appello e colgo l’occasione per riportare alcuni spunti che ho còlto dai relatori e dalle reazioni della platea (tutti magistrati con funzioni di appello giudicante o requirente).

In ordine alla vexata quaestio dell’art. 603, comma 3 – bis c.p.p. la Corte di Appello di Milano con pragmatismo lombardo ha affermato seccamente che dato il tenore letterale della norma non vi è alcuna obbligo di rinnovazione in caso di appello che derivi da giudizio abbreviato in primo grado (la questione resta comunque ancora aperta e molto dibattuta).

Il Prof. Oliviero Mazza ha messo in guardia dal tentativo strisciante di trasformare il giudizio di appello in una sorta di giudizio di cassazione in cui si censura la motivazione del giudizio di primo grado, riservando poi alla Cassazione solo i vizi per violazione di legge sostanziale e processuale. Il Prof. Mazza ha particolarmente insistito sul fatto che il giudice di appello deve restare saldamente attaccato al giudizio sul fatto e non alla critica della motivazione essendo appunto l’ultimo giudice di merito che con la sua pronuncia da questo punto di vista conclude il processo (un nuovo giudizio naturalmente nei limiti del devoluto). Ha rilevato inoltre che una impostazione di questo tipo unita alla fortissima compressione della collegialità in primo grado stabilita nel 1999 sconterebbe un tasso di democraticità nel processo fortemente preoccupante.

In tema di concordato in appello, le esperienze dei vari Distretti sono molto varie, i giudici in generale lamentano una troppo scarsa applicazione dell’istituto, è stata criticatissima l’impostazione di alcune Procure Generali di non dare il consenso nei processi cumulativi se tutti gli imputati non operavano la medesima scelta processuale, critica che mi sento di condividere in pieno oltre alla troppo differenze tra le varie Procure Generali che devono trovare qualche forma di composizione anche tramite la moral suasion del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione.

Il Dott. Luigi Riello Procuratore Generale di Napoli ha ribadito il fatto ben noto agli addetti ai lavori che il 70% delle prescrizioni è dichiarato del GIP mentre il restante 30% dal Tribunale e dalla Corte di Appello in percentuali quasi identiche (dato a livello nazionale). Esistono poi differenze enormi tra Corti che sono al collasso (Napoli, Venezia) con percentuali di prescrizioni dal 30 al 40% e Corti virtuose (Palermo) con prescrizioni sotto il 10%. Il Procuratore ha pure rilevato senza eludere il problema che la Circolare del CSM sulle avocazioni da parte del PG finisce di fatto per eludere un chiarissimo disposto normativo di natura essenzialmente processuale, anche se pare che non si potesse fare altrimenti. Mi pare che il dato delle prescrizioni sia stato confermato anche dal Dott. Renato Bricchetti Presidente Vicario della Corte di Appello di Milano.

Sono stati messi a fuoco anche problemi organizzativi come Uffici Spoglio di cui dotare le Corti di Appello (anche tramite l’Ufficio del Processo) e la necessità del potenziamento delle cancellerie post dibattimento specie in primo grado, la Presidente della Corte di Appello di Firenze Dott.ssa Margherita Cassano ha osservato che all’inizio del suo incarico da alcuni Tribunali del Distretto i fascicoli pervenivano in Corte  anche dopo 5-6 anni dalla pronuncia della sentenza di primo grado.

E’ stato sottolineato il fatto come in tutti i Distretti vi sia un numero elevato o elevatissimo di assoluzioni in primo grado avanti il Tribunale Monocratico il che involge la responsabilità dei Procuratori della Repubblica unici titolari dell’azione penale (più frequente e accorto uso dell’art. 125 disp. att. c.p.p.).

Spero di avere riferito correttamente e soprattutto di avere attribuito le affermazioni ai singoli relatori che le hanno espresse.

Filippo Poggi