Alcuni cittadini extracomunitari – titolari già dello status di rifugiato o che ne avevano fatto richiesta – si son visti i primi revocare lo status, i secondi, negare il riconoscimento del medesimo sulla base delle disposizioni della direttiva 201/95/UE che consentono l’adozione di misure del genere quando le persone rappresentano una minaccia per la sicurezza o, essendo state condannate per un reato particolarmente grave, per la Comunità dello Stato membro ospitante.
Gli interessati hanno contestato il provvedimento innanzi l’AG competente che ha rimesso alla Corte di Giustizia di stabilire se tali disposizioni fossero non conformi alle disposizioni della Convenzione di Ginevra del 12 dicembre 2013 relativa allo status di rifugiati.
La Corte ha riconosciuto che “anche se la direttiva stabilisca un sistema di protezione dei rifugiati specifico dell’UE, essa è fondata nondimeno sulla Convenzione di Ginevra e mira a garantirne il pieno rispetto”.
In effetti, scrive la Corte, “la revoca dello status di rifugiato o il diniego del riconoscimento – disposte dalla direttiva UE (ndr.) – non hanno l’effetto di far perdere lo status di rifugiato ad una persona che abbia un timore fondato di essere perseguitata nel suo paese d’origine” in quanto continua a godere di un certo munero di diritti della Convenzione di Ginevra “ai quali la direttiva fa espresso riferimento nonché dei diritti previsti da tale convenzione il cui godimento esige non una residenza regolare, bensì la semplice presenza fisica del rifugiato nel territorio dello Stato ospitante” concludendo che “le disposizioni in questione sono conformi alla Convenzione di Ginevra ed alle norme della Corte del TFUE che impongono il rispetto di tale convenzione”.
(CGUE – sentenza del 14.5.2019 cause riunite c. 8209; 391/16; 77/16 e l. 78/17).
Fonte D &G
Maggio 2019
Nota a cura
Avv. E. Oropallo