La prevalenza della VII penale

In Cassazione nell’ambito della materia penale per contenere o comunque gestire il numero dei ricorsi si sta affermando una prevalenza dello strumento alla settima sezione penale che dichiara inammissibile oltre il 99% dei ricorsi (vero che molti sono contro sentenze di patteggiamento quindi praticamente sempre manifestamente infondati), tuttavia mi pare anche alla luce di qualche esperienza personale di cui vi metto a parte, che anche ricorsi meno banali e talvolta anche abbastanza seri vengano risucchiati in un cono d’ombra in cui ogni questione giuridica viene disinvoltamente elusa, anche con le motivazioni più pretestuose e che poco avevano a che fare con i motivi di impugnazione.

In questo caso (Cass. sez. VII n. 33130/2016) la validità e regolarità dei decreti di irreperibilità, fondamentali per assicurare la conoscenza dell’imputato del suo processo, sono state riconosciute, superando ogni obiezione anche fondata su solidi dati di fatto e con l’aggiunta di qualche notazione non esattamente piacevole, quasi non si sapesse da parte della difesa che le ordinanze (come le sentenze) possono essere sottoscritte dal solo presidente-estensore: guardacaso però il decreto di irreperibilità era strutturato (dall’intestazione a seguire) in tutto e per tutto come un provvedimento monocratico né erano indicati i nomi dei giudici che avevano concorso alla decisione.

Neppure presa in considerazione la questione (nuova, quindi senz’altro ammissibile) del fatto di particolare tenuità.

Infine diamo i numeri: nel 2016 a tutt’oggi su 36.230 sentenze/ordinanze penali, ben 15.551 sono state emesse dalla VII sezione.

Se i progetti per risolvere i problemi della Cassazione (per cui il DL che trattiene in servizio il Primo Presidente e i Presidenti di sezione), vanno in questo senso, in cui la quantità dello “smaltimento” prevale sulla qualità dell’accertamento, ci sono ragioni di qualche perplessità.

Filippo Poggi