In questa sentenza della VI sezione penale della Corte Suprema è stata confermata la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli che annullava l’ordinanza cautelare del GIP redatta con la tecnica del copia-incolla degli atti del PM e della PG quindi sfornita dal requisito dell’autonoma valutazione dei fatti.
In effetti però l’approdo ermeneutico della sentenza è tutt’altro che tranquillante: in buona sostanza viene ampiamente ridimensionato il nuovum rappresentato dalla modifiche delle norma del c.p.p. intervenuto con Legge n. 47/2015.
In buona sostanza in questa sentenza al Suprema Corte afferma il principio di diritto secondo il quale tali norma non avrebbero un contenuto veramente innovativo, limitandosi ad offrire una interpretazione autentica del tessuto normativo cautelare personale previgente, alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.
Una interpretazione tanto più preoccupante se si pensa che in realtà si tratta di un obiter dictum perché l’ordinanza cautelare era stata resa nella vigenza della previgente disciplina, quindi le nuove regole in tema di esigenze cautelare e di motivazione dell’ordinanza ai sensi degli artt. 274 e 292 cpp non potevano essere applicati e quindi fondare un vizio di legittimità della stessa.
Eppure la Cassazione non ha voluto rinunciare ad emanare questa motivazione-manifesto, molto ‘conservatrice’, peraltro contrastata da decisioni di segno assai diverso, specie in punto di esigenze cautelari dove la nuova norma avrebbe inciso in profondità.
Sono questioni di cui stanno discutendo oggi e domani a Bolzano giudici, avvocati e professori della Scuola Bolognese (Sgubbi, Mazzacuva, Stortoni, Albiani e Vicoli) in un convegno di notevole interesse organizzato dal COA e dalla Camera Penale.
Filippo Poggi