Elezione del domicilio presso il difensore di ufficio e processo in absentia

In questa interessante ordinanza della Prima Sezione Penale della Suprema Corte si riafferma l’importanza (invero abbastanza negletta nella pratica quotidiana) di assicurare che il processo in absentia avvenga quando dello stesso sia effettiva conoscenza da parte dell’imputato e non solo meramente formale quando avviene come nel caso all’esame della Corte, per effetto della sola elezione del domicilio presso il difensore di ufficio effettuata nella fase procedimentale ed anzi prima dell’iscrizione nel registro degli indagati.

L’ordinanza si segnala anche per l’affermazione di un principio di diritto niente affatto pacifico: la questione all’esame riguarda un verbale del 2014 tuttavia viene evocato come tertium comparationis la disciplina attuale ex art. 162, comma 4-bis c.p.p. che ha introdotto la necessità di informare immediatamente il difensore di ufficio e di raccogliere il suo consenso alla predetta elezione. La Suprema Corte ritiene che in caso di mancato consenso, le notifiche all’imputato non possano farsi che ai sensi degli artt. 157 segg. c.p.p.

Non privo di interesse il fatto che la vicenda processuale in Cassazione nasce dal ricorso del PG avverso la sentenza di appello che di ufficio aveva ravvisato la nullità della sentenza di primo grado per difetto delle condizioni per procedere in absentia.

Il PG presso la Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso del PG presso la Corte Territoriale.

E’ ben noto che la Dottrina ritiene la disciplina introdotta con Legge n. 67/2014, che ha soppresso il secolare istituto della contumacia, assai più sfavorevole delle disciplina precedente, alla quali si era giunti anche per impulso della giurisprudenza della Corte Edu, che aveva novellato l’art. 175 c.p.p. con Legge n. 60/2005. E davvero non si può, almeno ad avviso di chi scrive, concordare con le obiezioni sollevate dalla Dottrina.

Filippo Poggi