Delega orale o delega scritta?

Non persuade davvero questo recente arresto della Suprema Corte che con una sentenza per il momento isolata (né risulta che il tema sia stato affrontato in precedenza), ha creato scompiglio nell’ambito della documentazione della qualità di sostituto del difensore in ambito penale e civile.

L’art. 14, comma 2 della Legge Professionale Forense è molto chiaro e nell’ultimo periodo di tale comma prescrive che “Gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta”.

Non si vede per quale motivo la Legge Professionale non possa contenere anche norme processuali che hanno in parte tacitamente abrogato le norme dei codici di procedura penale e civile in un’ottica di semplificazione delle forme di assunzione di maggiori responsabilità dell’avvocato che dichiarandosi sostituto in mancanza di delega orale, commetterebbe senza dubbio il reato di falso ideologico per induzione (artt. 48 e 479 c.p.).

Tanto è vero che questa norma si applica solo agli avvocati e non ai praticanti abilitati per i quali resta la necessità della delega scritta con le forme di documentazione prescritte dai codici di rito (in considerazione della temporanea autorizzazione al patrocinio con non consente di considerarli ancore membri pieno titolo dell’Ordine Forense v. art. 25 Legge Professionale Forense).

La delega scritta è anche richiesta in caso di nomina di un sostituto stabile presso un Ufficio Giudiziario come previsto dal comma 4 dell’art. 14.

Il richiamo contenuto nella sentenza circa l’esercizio della mancata delega in ordine alla redazione di in Testo Unico sulla Professione Forense appare un elemento affatto eccentrico e di nessuna utilità ai fini della corretta esegesi della norma. E ancora meno pertinente appare il richiamo ai “ regolamenti previsti dalla stessa legge” che sono stati emanati e nessuno di essi doveva occuparsi della materia della rappresentanza in giudizio.

Idem la mancata formale abrogazione dell’art. 9 della Legge Professionale del 1933 che faceva espresso riferimento alla figura del “procuratore” che tra l’altro non si rinviene nel sistema del codice di procedura penale dove il difensore assiste e difende l’imputato (o altra parte privata) e solo in condizioni eccezionali specificamente previste “rappresenta” l’imputato (v. art. 420-bis, 423, 475 etc.).

Insomma, almeno a parere di chi scrive, la preferenza pratica sia come rappresentante che come rappresentato è che sia più opportuno per tutti avere una delega scritta, tuttavia questo non toglie che l’interpretazione della Quinta Sezione della Cassazione appaia gravemente erronea e sulla stessa possano pronunciarsi altre Sezioni ovvero le stesse Sezioni Unite trattandosi di questione che anche nella pratica è della massima importanza.

Infine quid juris per i processi penali pendenti in cui l’imputato è stato assistito da un difensore munito di delega orale, quindi invalida (inesistente?) secondo l’interpretazione della sentenza richiamata? Non basta la presenza di un difensore, ma è necessario il difensore dell’imputato a pena di nullità assoluta del processo.

Filippo Poggi

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