Connessione obiettiva con un reato

In allegato l’ordinanza delle Seconda Sezione Civile che tratta di una questione che dovrebbe essere pacifica ma che nella pratica risulta abbastanza negletta, la pregiudizialità penale prevista dall’art. 24 della Legge n. 689/1981 in tema di sanzioni amministrative presupposto logico giuridico del reato (connessione obiettiva con un reato).

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, a seguito di una ipotesi di omicidio stradale all’imputato era stata contestata anche una violazione al cds che lo stesso aveva impugnato avanti al Giudice di Pace che si era dichiarato incompetente ai sensi dell’art. 24; in seguito era proposto appello dalla autorità amministrativa ed il Tribunale civile in riforma della sentenza di primo grado riteneva la propria competenza e rigettato l’opposizione confermando i verbali con la contestazione delle sanzioni amministrative di cui era ordinato il pagamento. L’imputato/ricorrente proponeva ricorso per cassazione (ci sono voluti 4 anni prima di arrivare alla decisione di ieri) e la Suprema Corte censurava come errata la sentenza del tribunale che aveva ritenuto la propria competenza, in considerazione del fatto che la norma di cui all’art. 24 della Legge n. 689/1981 e 221 del codice della strada (che riproduce la norma con specifico riferimento alle violazioni del cds) afferma che in pendenza del procedimento penale (solo se questo si conclude con estinzione del reato per prescrizione o remissione di querela il giudice penale deve trasmettere gli atti all’autorità amministrativa che ha elevato la contravvenzione), la competenza a decidere sulle sanzioni amministrative presupposte appartiene interamente al giudice penale, quindi era corretta la sentenza del giudice di pace che aveva declinato la competenza. La Corte ricorda in motivazione che in pendenza del procedimento penale (anche nella fase delle indagini preliminari) l’autorità che ha ravvisato la contravvenzione non ha potere sanzionatorio che resta in capo al giudice penale che provvederà in caso di sentenza (o decreto penale ex art. 24, comma 5) alla irrogazione della sanzione amministrativa. Nel caso in questione il ricorrente ha poi dimostrato che successivamente alla decisione del tribunale civile, il procedimento penale è stato archiviato, di talché la Corte Suprema ha provveduto anche per economia processuale a dichiarare l’annullamento dei verbali impugnati.

In buona sostanza mi pare che nella pratica forse in caso che mi pare ricorrere sempre, di contestazione di violazioni amministrative presupposto di reato, si dovrebbe anziché ricorrere al giudice di pace, inviare un atto di diffida all’autorità amministrativa ricordando che non ha potere sanzionatorio e invitandola a trasmettere il rapporto al pm se il procedimento si trova in indagini preliminari ovvero al giudice se è stata esercitata l’azione penale (l’art. 24 deve essere interpretato alla luce del codice di procedura attuale, visto che si fa riferimento al Pretore allora organo di accusa e giudizio contemporaneamente).

In ogni caso di sentenza di proscioglimento il giudice potrà trasmettere gli atti all’autorità amministrativa ai sensi dell’art. 220, comma 4 cds ove ravvisi unicamente una violazione amministrativa.

L’art. 25 della Legge n. 689/1981 regola poi l’impugnazione del capo della sentenza penale che applica la sanzione amministrativa richiamando le disposizioni che regolano le impugnazioni per i soli interessi civili.

Quanto sopra vale ove il trasgressore non abbia effettuato il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa (art. 24, comma 1 e art. 221, comma 1).

Filippo Poggi