Sospensione della patente di guida nell’UE

Con una recente sentenza la Corte di Giustizia dell’UE – sentenza del 23.4.2015 nella causa C 260-13 – ha stabilito che gli Stati membri possono rifiutarsi di riconoscere la validità di una patente di guida rilasciata in un altro paese UE se il titolare del documento ha commesso un’infrazione sul proprio territorio, senza, però, che ciò ricada sull’utilizzo della patente nello Stato di residenza.

A condizione, però, che lo Stato preveda dei meccanismi per riacquistare la idoneità alla guida che  non può essere revocata in modo indefinito. Il giudizio espresso dalla Corte è efficace per garantire il miglioramento della sicurezza della circolazione stradale oltre a dirsi del tutto proporzionata la misura adottata.

Fonte

Guida al Diritto n. 20 del 9.5.2015 – commento di Marina Castellaneta

Ottobre 2015

(Avv. E. Oropallo)

Revoca della condizionale concessa in presenza di cause ostative

In allegato la sentenza della Sezioni Unite dep. 15/09/2015 che ha interpretato il limiti entro i quali il giudice dell’esecuzione può revocare la sospensione condizionale della pena concessa dal giudice della cognizione pur in presenza di cause ostative.

La pronuncia presa in conformità alle conclusioni del Procuratore Generale e condividendo l’orientamento maggioritario espresso dalla giurisprudenza di legittimità, afferma che il giudice dell’esecuzione può procedere alla revoca della condizionale indebitamente concessa ai sensi dell’art. 674, comma 1-bis c.p.p., solo ova abbia accertato, anche acquisendo copia del fascicolo della cognizione, che al giudice che ha concesso il beneficio non constassero i precedenti ostativi dalla consultazione del certificato del casellario giudiziale.

Ove invece detti precedenti risultassero invece al giudice della cognizione, non è dato procedere alla revoca in executivis in quanto l’unico strumento sarebbe stato quello della tempestiva impugnazione della sentenza da parte del PM.

Mi pare anche se si possa affermare, seguendo il ragionamento della Corte, che il giudice di appello non può procedere di ufficio alla revoca della condizionale indebitamente concessa in mancanza di impugnazione della parte pubblica, non tanto per il divieto di reformatio in pejus ma per l’essersi formata una preclusione processuale sul punto della sentenza.

Filippo Poggi

Innovazioni in tema di motivazione dell’ordinanza cautelare e dei poteri del tribunale del riesame

In questa sentenza della VI sezione penale della Corte Suprema è stata confermata la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli che annullava l’ordinanza cautelare del GIP redatta con la tecnica del copia-incolla degli atti del PM e della PG quindi sfornita dal requisito dell’autonoma valutazione dei fatti.

In effetti però l’approdo ermeneutico della sentenza è tutt’altro che tranquillante: in buona sostanza viene ampiamente ridimensionato il nuovum rappresentato dalla modifiche delle norma del c.p.p. intervenuto con Legge n. 47/2015.

In buona sostanza in questa sentenza al Suprema Corte afferma il principio di diritto secondo il quale tali norma non avrebbero un contenuto veramente innovativo, limitandosi ad offrire una interpretazione autentica del tessuto normativo cautelare personale previgente, alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità.

Una interpretazione tanto più preoccupante se si pensa che in realtà si tratta di un obiter dictum perché l’ordinanza cautelare era stata resa nella vigenza della previgente disciplina, quindi le nuove regole in tema di esigenze cautelare e di motivazione dell’ordinanza ai sensi degli artt. 274 e 292 cpp non potevano essere applicati e quindi fondare un vizio di legittimità della stessa.

Eppure la Cassazione non ha voluto rinunciare ad emanare questa motivazione-manifesto, molto ‘conservatrice’, peraltro contrastata da decisioni di segno assai diverso, specie in punto di esigenze cautelari dove la nuova norma avrebbe inciso in profondità.

Sono questioni di cui stanno discutendo oggi e domani a Bolzano giudici, avvocati e professori della Scuola Bolognese (Sgubbi, Mazzacuva, Stortoni, Albiani e Vicoli) in un convegno di notevole interesse organizzato dal COA e dalla Camera Penale.

Filippo Poggi

Messa alla prova e sospensione della patente

In questa interessante sentenza della Quarta Sezione Penale, la Suprema Corte affronta un tema inedito: se in caso di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova il giudice possa applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

La soluzione adottata dalla Corte è negativa in quanto in tutti i casi di estinzione del reato senza accertamento di responsabilità come avviene appunto nel caso di esito positivo della messa alla prova, il giudice non deve applicare alcuna sanzione in quanto la competenza passa al Prefetto cui deve essere trasmessa copia della sentenza irrevocabile.

La pronuncia affronta anche la questione degli aspetti di contatto con l’estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza a seguito dell’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, ravvisando appunto come i due istituti siano diversi in quanto in quest’ultimo caso il giudice accerta la responsabilità dell’imputato, poi procede alla sostituzione della pena con la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, quindi resta nella competenza del giudice penale anche l’applicazione della sanzione della sospensione della patente.

E’ stata disciplinata dal Legislatore in modo non irragionevole il fatto che solo nel caso del lavoro di pubblica utilità venga dimezzato il periodo di sospensione della patente, beneficio non previsto invece nel caso di esito positivo della messa alla prova.

Un sentenza che merita piena condivisione.

Filippo Poggi

La libera circolazione dei cittadini UE

Principio cardine dei Trattati UE, la libera circolazione dei cittadini all’interno dei paesi UE, sta per essere messa in discussione dalla Gran Bretagna. Come si legge nel Sole 24 Ore del 31.8, il cittadino che arrivi anche da un paese europeo troverà porte aperte solo con un lavoro già garantito.

E’ l’idea del Ministro degli Interni inglese, Theresa May che “sullo sfondo di un’emergenza immigrazione, auspica apertamente restrizioni a uno dei principi cardine della Europa comunitaria. Bisogna tornare alle origini – scrive il giornale – prima di quegli accordi Schengen che May indica come la causa scatenante della crisi odierna”.

Secondo una interpretazione del ministro britannico “libera circolazione significa libertà di spostarsi per lavorare, non libertà di attraversare le frontiere per cercare un lavoro o usufruire di benefici altrui”. In altre parole il ministro chiarisce che l’Inghilterra, proseguendo nella sua politica ex-coloniale, e isolazionista, è pronta ad accogliere chi si reca in Inghilterra con un permesso di lavoro – che pervenga da un paese dell’Unione o da altro paese non importa – purché possa essere utilizzato nel settore produttivo, dove vi sia carenza sul posto di trovare mano d’opera specializzata.

In effetti, in alcuni settori, a partire da quello sanitario e per finire a quello agricolo, vi è una forte richiesta di lavoratori stranieri.

Il problema, dunque, non sono solo gli immigrati extra-comunitari ma anche quei cittadini europei, soprattutto giovani entrati nel Regno Unito con visto da studente che poi decidono di fermarsi per trovare un lavoro. In effetti, malgrado i controlli, nell’ultimo anno sono stati censiti in Gran Bretagna 300.000 nuovi arrivi per cui si teme per la tenuta del sistema sanitario e previdenziale godendo i cittadini europei degli stessi diritti dei residenti, anche se in questi ultimi anni i vantaggi della politica del welfare sono stati ampiamente ridimensionati.

Ammessa nell’UE solo nel 1973, nonostante la presa di distanza dal governo francese, la Gran Bretagna ha sempre guardato con scetticismo e distacco alle istituzioni europee, limitandosi a cercare di trarre vantaggi dalla sua appartenenza all’UE rispetto agli altri paesi.

Ancora oggi il governo Cameron ha promesso di fare per l’anno prossimo un referendum per decidere se restare nell’UE in vista del quale intende strappare altre concessioni alla governance europea.

Richiesta quella del ministro degli interni inglese che neppure si comprende in quanto oltre a non aver adottato l’euro, neppure fa parte dell’area Schengen – cittadina lussemburghese – dove fu decisa la libera circolazione dei cittadini all’interno dell’UE, per cui non ne può richiedere la modifica se neppure lo ha sottoscritto.

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Diritti di copia su supporto informatico – Il CdS conferma la sentenza Tar Lazio

In allegato il testo della sentenza del Consiglio di Stato 21/09/2015 n. 4408che ha confermato la sentenza del Tar Lazio che ha stabilito che nel processo penale in caso di richiesta di documenti su supporto informatico (intercettazioni telefoniche ed ambientali, riprese audio-video etc.) l’imposta di € 295,16 può essere richiesta una sola volta indipendentemente dal numero di supporti utilizzati per la duplicazione. La sentenza deve essere ovviamente immediatamente applicata dall’Amministrazione della Giustizia, in questo caso da cancellerie e segreterie che non credo possano opporre circolare o altri di interpretazione non ancora emanati ma che comunque non potrebbero mai superare, se non con altro atto normativo, la decisione definitiva del giudice amministrativo.

Filippo Poggi

E’ competente l’AGO a decidere sull’allontanamento del lavoratore extracomunitario

Così ha deciso la Cassazione con sentenza n. 13.570 del 2.7.2015.

Il caso. Un cittadino del Bangladesh all’arrivo in Italia presentava richiesta di asilo politico, cui successivamente rinunziava, in quanto il proprio datore di lavoro presentava domanda di emersione dal lavoro irregolare. A seguito della rinuncia formulata dal richiedente asilo politico, senza tener conto della domanda presentata dal datore di lavoro, il Questore emette un decreto di espulsione. Impugnato dal lavoratore innanzi l’AGO. Il Tribunale adito di Roma con sentenza del 21.5.2013 declina la propria giurisdizione a favore di quella amministrativa rilevando che “la controversia ha ad oggetto interessi legittimi e non diritti soggettivi”. Il provvedimento viene impugnato dall’interessato, innanzi al TAR Lazio che, con sentenza del 15.7.2014 solleva conflitto negativo di giurisdizione ritenendo che la controversia attiene alla legittimità dell’ordine di allontanamento, materia questa estranea alla giurisdizione amministrativa e spettante alla competenza del Giudice ordinario competente a valutare la sussistenza di eventuali cause di inespellibilità. La Cassazione con la sentenza richiamata rileva che l’art. 5 del d.lgs. del 2012 di attuazione della direttiva 2009/52/CE, prevede che, in caso di procedimento di regolarizzazione di lavoratori stranieri presenti nel territorio nazionale sancisce, comma 11, che, nelle more della definizione del procedimento, lo straniero non può essere espulso nei casi previsti dal comma 13 a meno che il provvedimento di espulsione non sia stato adottato a causa della pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Ipotesi questa esclusa nel caso in esame in quanto il Questore si è limitato a chiedere l’espulsione del lavoratore extracomunitario perché privo del permesso di soggiorno che può essere concesso a seguito della regolarizzazione del lavoratore per cui non si può parlare di interesse legittimo ma di vero e proprio diritto soggettivo del richiedente per cui il decreto non può essere eseguito fino a quando non sia concluso il procedimento di emersione del lavoro irregolare.

(Fonte D&G del 3.7.2015)

Agosto 2015

Nota a cura Avv. E. Oropallo