Cassazione e poteri di rideterminazione di ufficio della pena

In allegato l’interessante (ma anche un poco preoccupante) motivazione resa della Prima Sezione Penale della Cassazione avverso un provvedimento del Giudice dell’Esecuzione proposto dal carissimo amico e collega Avv. Antonio Giacomini.

In buona sostanza, il Giudice dell’Esecuzione dopo avere revocato le condanne per i reati concorrenti di ingiuria e danneggiamento siccome depenalizzati, ha rideterminato la pena per il residuo reato di minaccia semplice in € 200,00 di multa.

La Corte Suprema, premesso un lungo excursus giurisprudenziale, e facendo riferimento al novellato art. 620, comma 1 lett. l) c.p.p. come novellato dalla Legge n. 103/2017, ha ritenuto di potere direttamente riterminare la pena senza rinvio al giudice del merito.

E tuttavia non pare che nel provvedimento impugnato vi fossero quegli elementi per rideterminare la pena ”sulla base delle statuizioni del giudice del merito” ovvero pare che esse siano state fraintese.

Il Giudice dell’Esecuzione aveva errato infliggendo una pena appunto di € 200,00 di multa facendo riferimento alla nuova cornice edittale che prevede la pena della multa fino a € 1032,00 mentre per i reati commessi prima del 2013 la pena era quella della multa fino a € 51,00.

Non appare quindi esattamente motivata un pronuncia che si sostituisce al giudice di merito applicando una pena pari a quella massima in vigore all’epoca del fatto, mentre il Giudice dell’Esecuzione aveva (sia pure erroneamente) individuato una pena pari a circa 1/5 del massimo edittale.

La questione in questo caso è minima ma segnala certamente una tendenza del giudice di legittimità a sconfinare merito, senza problemi di sorta, quando si tratta di rideterminare una pena, mentre ricusa sistematicamente ogni rivisitazione del fatto e della motivazione (non si ritiene di potere comparare ricostruzioni alternative nemmeno al fine di ravvisare il ragionevole dubbio che imporrebbe un annullamento con rinvio), come pure non è avara di pronunce di inammissibilità quando il ricorso che sostenga il travisamento della prova non contenga (integralmente riprodotto) o non alleghi il verbale integrale della prova travisata (il che pare in contrasto con la norma che semplicemente impone di indicare specificamente l’atto processuale (v. anche protocollo CNF/Corte di Cassazione 17.12.2015) nonché la Circolare del Ministero della Giustizia – Direzione Generale della Giustizia Penale 16.05.2016 per le formazioni dei fascicoli da inviare alla Suprema Corte in cui vengono indicati precisamente gli atti indispensabili ai sensi dell’art. 164, comma 4 disp. att. c.p.p.).

Filippo Poggi

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