Assegno divorzile e onere della prova nella situazione reddituale delle parti.

La valutazione delle prove è rimessa, ai sensi dell’art. 116 c.p.c., al prudente apprezzamento del giudicante e non può ritenersi in alcun modo condizionata dalla scelta, parimenti discrezionale, di disporre, d’ufficio o su istanza di parte, indagini patrimoniali tramite polizia tributaria al fine di procedere al doveroso accertamento dei fatti rilevanti per la decisione. Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9535/19, depositata il 4 aprile.

I Supremi Giudici ribadiscono un principio già affermato in una precedente pronuncia di legittimità, ad avviso della quale in sede di determinazione dell’assegno di divorzio, l’occupazione di fatto di un immobile da parte del coniuge configura utilità che fuoriesce dall’ambito valutativo proprio dei valori legalmente posseduti da ciascuno dei coniugi.

I Giudici Supremi affermano che, in tema di divorzio, l’art. 5, comma 9, l. n. 898/1970, non impone al Tribunale in via diretta ed automatica di disporre indagini avvalendosi della polizia tributaria ogni volta in cui sia contestato un reddito indicato e documentato, ma rimette allo stesso giudice la valutazione di tale esigenza.